Oggi è il momento in cui si svolge “l’Inti Raymi”, celebrata in occasione del solstizio d’inverno. E’ certamente uno dei più coinvolgenti, coloratissimi e partecipati eventi popolari sudamericani. Il popolo degli Incas venerava il dio Sole come massima espressione della forza celeste che aveva in mano il destino dell’uomo oltre che dell’intero universo. Da sempre il genere umano ha individuato nel sole una “potenza” cui rapportarsi per chiedere il suo intervento nel favorire l’agricoltura, fornire luce e calore. Egizi e Maya, tra gli altri, seppur in epoche, con nomi e modalità diverse, erano tra coloro che identificavano nell’astro più vicino alla terra l’essere supremo da adorare e a cui rivolgere sacrifici. Nel caso specifico degli Incas, la ricorrenza particolare veniva celebrata in coincidenza col solstizio d’inverno dell’emisfero sud, giorno in cui il sole è alla massima distanza dal nostro pianeta. Gli Incas e l’Inca, astronomi e adoratori del Sole, con i riti del 24 giugno, ne propiziavano il riavvicinamento alla terra. Il problema assai sentito dal popolo andino era proprio legato al momento in cui il Sole era più lontano dalla terra. Avevano il sacro terrore che potesse continuare ad allontanarsi dal nostro pianeta sino ad abbandonare definitivamente il pianeta e i suoi figli lasciandoli senza calore, luce e soli. La festa dell’Inti Raymi aveva quindi il compito di agevolare il riaccostamento del sole per continuare a poter ricevere i suoi effetti benefici indispensabili alla vita dell’uomo. Questa celebrazione, proibita durante l’occupazione spagnola perché ritenuta sacrilega in quanto non cattolica, assume tuttora significati di ritorno ai tradizionali valori religiosi popolari e di simbolica indipendenza dagli antichi dominatori spagnoli. Per questo, ancora oggi, migliaia di indigeni provenienti dai quattro “Suyos”, le quattro direzioni, si danno appuntamento qui. Poncho antichi e coloratissimi, riti a noi non familiari e perciò molto interessanti, sacrifici, preghiere, simbolismi, danze, azioni sceniche ironiche, intreccio di lingue a volte assolutamente incomprensibili come il “quechua”… Provengono da ogni parte del Perù, si concentrano nella zona della fortezza di Sacsayhuaman nelle vicinanze di Cusco, per rinnovare ogni anno il loro legame col Sole e riaffermare la fierezza della loro autonomia culturale. Durante i festeggiamenti, i locali ballano e cantano abbigliati con i costumi tipici tradizionali che rappresentano le diverse corporazioni delle città e tribù dell’Impero Inca. In questa occasione rievocano simbolicamente l’antico rito in cui avvenivano sacrifici di animali, gestualità satiriche, danze… il tutto con modalità espressive a noi certo estranee, ma non per questo meno coinvolgenti. La festa, ovviamente, ha sostituito la propria intrinseca sostanza puramente sacra anticamente attribuita dagli adoratori del dio sole. La presenza sempre più consistente del turismo non ha però stravolto il significato storico e religioso. Non è più un’incontaminata “celebrazione”, ma resta in ogni caso una manifestazione di non banale folclore locale. Insomma, pur non avendo più l’originario carattere di genuino rito spirituale (del resto in quel caso non sarebbe stata certo consentita tale presenza di estranei), continua ad essere un’opportunità di incontro per genti provenienti da molti angoli del Paese, e una possibilità di conoscenza di un'importante tradizione popolare per noi occidentali. Anche il luogo storico in cui affluiscono migliaia di indigeni e stranieri, contribuisce a rendere lo spettacolo un “evento”. Proprio di questo si tratta, una ricorrenza che ancora oggi riesce ad essere “evento”, anche perché ha come sfondo uno scenario poderoso. Massi imponenti restano a testimoniare un antico sito che originariamente era una fortificazione con una funzione militare e religiosa. Nella grande radura pianeggiante adiacente la fortezza si svolge il culmine della rievocazione della Festa del Sole. Ma gli abitanti di Cusco riempiono anche molte strade della città. Già dalla prima parte della mattinata, in genere nei paraggi della cattedrale, inizia la festa, che di fatto è il proseguimento di quella della sera precedente, e vede coinvolte molte persone abbigliate con vestiti tradizionali. Al termine di questa fase ci si reca nei pressi della fortezza di Sacsayhuaman per assistere, da una postazione appositamente realizzata, alle rappresentazioni che rievocano l’antico rituale. Leggero lunch box per pranzo durante le celebrazioni della festa. Il resto del pomeriggio, se le visite previste saranno già state terminate, tempo a disposizione per approfondire qualche aspetto di Cusco che abbia particolarmente incuriosito o per girovagare in autonomia. Cena libera e pernottamento in hotel.