• ESSENZE D’ARABIA

    OMAN

  • ESSENZE D’ARABIA

    OMAN

    Viaggi con Esperto

    Durata 8 GIORNI
    Partecipanti MINIMO 10 MASSIMO 16  PARTECIPANTI
    Partenze

    A PARTIRE DA:  

    4.450€

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    Oman

    ESSENZE D’ARABIA

    Ideato redatto e accompagnato da Mario Romualdi

    In questo viaggio incontriamo uno spicchio molto significativo d’Arabia, che presenta alcune delle tante facce della penisola, da cui sprigionano essenze in grado di farci entrare un poco nell’intimo di questo mondo. Muscat, il porto nascosto, protetto da mura antiche. Il Jebel Shams, la più alta montagna omanita con i villaggi yemeniti di Al Hamra e Misfat al Abreen. Gli antichi sistemi idrici aflaj Patrimonio UNESCO. Canyon e wadi, coltivazioni e oasi. La necropoli di Al Ayn che da 5.000 anni stimola interrogativi sulla loro origine, e il forte di Bahla, altri siti UNESCO. Il suk e la bella fortezza di Nizwa.  Poi, sempre sui fuoristrada con solo tre passeggeri a bordo per meglio apprezzare l’esperienza, il deserto Wahiba. Alte dune ci conducono ad un campo tendato non certo spartano, all’altezza delle altre gratificanti sistemazioni scelte per questa occasione. L’attraversamento di un pezzo del mare di dune più grande al mondo, prosegue verso la costa, serpeggiando tra le forme rocciose e pozze del Wadi Bani Khalid, e quelle assai originali della moschea con le 52 cupole di Jalan Bani Nu Alì. L’arrivo a Sur ci mostra atmosfere rilassate di un litorale dove, passeggiando lungo la corniche e tra i cantieri di dhow, possiamo arrivare al villaggio imbiancato di Ayjah. Ancora lungo la costa, prima di rientrare a Muscat, proponiamo due soste. Una nello scenografico Wadi Shab, l’altra presso la Tomba di Bibi Miryam, Patrimonio UNESCO, in eterno restauro. Infine, la capitale con i modesti ma non anonimi edifici che attorniano le sontuose Royal Opera House e la Grande Moschea, cinte da mercato torrioni e moli del porto con alle spalle cime frastagliate.

    Un itinerario per cogliere Essenze d’Arabia.

    Per alcuni filosofi della classicità greca, che la facevano difficile, “l’Essenza” è “ciò per cui una certa cosa è quello che è, e non un'altra”. Per altri, sempre desiderosi di complicarci la vita, sarebbe invece “l’Idea” o “l’Esperienza Sensibile”.  Noi, che vogliamo solo beneficiare del meglio che questa regione possa offrire, abbiamo intitolato il viaggio “Essenze d’Arabia” perché ci piace metterne in evidenza il significato di parte irrinunciabile, principale, essenziale appunto, che dà il senso del tutto.  Il tutto è ovviamente l’Arabia.  Ma, abbiamo anche voluto richiamarne il valore di elisir e profumo.  Quel profumo omanita esclusivo e costosissimo, l’Amouage, che contiene il più prezioso franchincenso e permane sulla pelle, intenso inebriante ma passeggero.  E l’altro, più durevole, che l’Arabia ti appiccica addosso e che, a volte, ti convince a tornarvi. Abbiamo prestato particolare cura non solo al programma ma pure ai servizi, a partire dalla guida locale in lingua italiana (novità), con pernottamenti in strutture di qualità accuratamente selezionate.   Attraversiamo un Paese grande quanto l’Italia per oltre mille chilometri su strade asfaltate e sabbie, viaggiando su 4X4 solo in tre passeggeri più autista. Ognuno dispone di un finestrino, per assaporare comodamente e conoscere al meglio l’Oman.

    Lo charme fornito dagli stimoli della cultura e architetture locali, oltre che dal piacere di certe strutture ricettive inserite in particolari contesti ambientali, arricchisce un itinerario che crediamo sia davvero accurato, e rende il nostro viaggio effettivamente un po’ diverso da altre pur valide proposte. Il mercato turistico offre prezzi molto differenti. Le nostre proposte non partono dalla necessità di presentare quote di partecipazione basse. Preferiamo servizi superiori alla media assicurando comunque un rapporto qualità/prezzo assai positivo. Nel valutare le quote di partecipazione invitiamo a dedicare attenzione alle specifiche voci che includiamo. Tra cui:

    -qualità e accuratezza del programma,                                              

    -6 pernottamenti più l’uso dell’hotel a Muscat già dal mattino dell’arrivo in Oman, che equivale ad una notte in più.

    -alberghi e il campo tendato nel deserto gratificanti, dei quali forniamo i nomi per verificarne le caratteristiche particolari, (perché il costo di un hotel non è dato solo dal numero di stelle ma dalle proprie peculiarità),

    -guida locale in lingua italiana (novità). Normalmente forniamo una guida che è anche autista e parla inglese, perché quelle in lingua italiana sono rare.

    -pensione completa, a partire dalla colazione del giorno di arrivo a Muscat,

    -tutti i trasferimenti interni in 4X4 con solo tre passeggeri a bordo, per garantire a tutti un posto finestrino.

    -accompagnatore dall’Italia, voce assai importante perché incide notevolmente sul costo finale.

    Non sempre ci è evidente, ma il viaggio, differentemente da quanto succeda per un paio di scarpe o una bicicletta, è una merce che si acquista senza poterla visionare prima. Per questo è doveroso da parte nostra fornire un programma corposo col maggior numero di informazioni possibili, in modo che si abbiano sufficienti elementi per capire se la nostra proposta può soddisfare le Vostre esigenze. (Le quote di partecipazione sono dopo il programma dettagliato). La riuscita del viaggio sta nel poter fruire di ciò che si è comprato a scatola chiusa. Un itinerario assai dettagliato e un accompagnatore che è anche il programmatore del viaggio, possono offrire il massimo sforzo per realizzare al meglio quanto previsto sulla carta. È quel pizzico di garanzia in più per far coincidere le attese col suo svolgimento reale.

    (Che è il vero metro di misura della sua capacità di soddisfarci).

    ITINERARIO

    Il volo Oman Air WY 144 è alle 21,30. Incontro con l’accompagnatore (Mario Romualdi 340 3475697) al banco accettazione. Pasti e pernottamento a bordo.
    Arrivo alle 6,40. Dopo il disbrigo delle formalità in aeroporto, che potrebbero essere laboriose, ci si reca in albergo.I compagni di viaggio certo apprezzeranno di non dover iniziare subito le visite stanchi ed assonnati, come in genere succede dopo un lungo volo. Si va in hotel per la colazione, doccia e relax, evitando inopportuni pisolini.  In mattinata usciamo per iniziare le visite.La capitale, che già nel XV secolo si presentava come grande città e soprattutto porto assai trafficato, ancora oggi si offre con aspetti di positiva diversità rispetto ad altre capitali della regione. Muscat, che significa porto sicuro, non colpisce per altissimi grattacieli che sfidano in verticale le leggi della fisica. Più modestamente, ma con maggiore capacità estetica, mostra alcuni edifici che anche nei particolari richiamano forme della tradizione. Sin dal II secolo era definita porto nascosto.  Ciò sottolineava la sua vocazione marittima e una posizione invidiabile dal punto di vista della sicurezza, perché protetta dal mare e da una corona montana che la difendeva efficacemente alle spalle. Dal mare giunsero probabilmente i suoi primi abitatori provenienti dall’attuale Yemen. Nel XV secolo la sua importanza era essenzialmente legata all’essere punto di rifornimento anche di acqua dolce per i naviganti. Poi si afferma come porto molto trafficato per i commerci verso l’India. Ciò attira l’attenzione dei portoghesi* che la conquistano all’inizio del XVI secolo. Alla fine del XVIII Muscat diviene capitale di un vasto dominio marittimo su parte consistente dell’Africa orientale che detenne sino al XX secolo. La città nel suo complesso, il porto, i vecchi quartieri, la zona di Mutrah hanno un aspetto piacevole, ordinato. Il settore marittimo continua a impiegare consistenti forze lavoro e muove rilevanti quantità di merci.Solo l’inaugurazione nel 2011 dell’imponente Royal Opera House, pare avere introdotto un eccesso, assai gradito dai locali, nella sobrietà di una comunità urbana che si distingue da certi eclatanti aspetti presenti in molte parti della penisola. L’area urbana è divisibile in tre parti. Tra Ruwi, Mutrah e Città Vecchia la seconda e la terza sono più interessanti. A Mutrah sta il lungomare, la corniche, e nella zona est si trova il Mutrah Fort costruito nel XVI secolo dai portoghesi. Essendo area militare non è accessibile al pubblico, come molte altre strutture statali. Lo è, invece, il frequentatissimo suq in cui si trova un po’ di tutto. Ancora più a est si vede la Torre di Guardia anch’essa opera portoghese. Nella Città Vecchia i forti di Al Jalali e Al Mirani vigilano e dominano le due estremità del porto. Il Palazzo del Sultano è al centro dell’area portuale un poco nell’entroterra. Il museo etnologico ospitato nel Bayt al Zubair, un palazzo ben restaurato, contiene collezioni di artigianato, arredamenti, monete, qualche oggetto d’arte**.La Royal Opera House si trova lungo la Sultan Qaboos Street non distante dal mare e dal nostro hotel. La Grande Moschea sta ancora oltre, nella parte opposta della città rispetto ai quartieri antichi. Le due opere sono state progettate dallo stesso architetto che ha pensato a meravigliare più con gli interni, definiti sontuosamente. La sala dei concerti è del 2011 mentre la moschea è stato il dono del precedente sultano al popolo, in occasione del suo 30° anniversario di regno. Iniziata nel 1996 è aperta nel 2001. Durante le nostre due soste nella capitale, compatibilmente con il tempo disponibile e con gli orari di apertura, visiteremo all’interno la Grande Moschea, la Royal Opera House, il Museo Etnologico. Avremo anche occasione di un tour in bus sul lungomare, osserveremo dall’esterno castelli mura Palazzo del Sultano, e, se ciò non contrasterà col programma, andremo nei laboratori dove si crea l’Amouage***.  Rientro in hotel nel pomeriggio.Pranzo nel ristorante locale Bait Al Zubair nella parte antica della capitale. Cena in hotel. (Durante tutto il viaggio, le cene le prevediamo in hotel. Abbiamo richiesto di fruire, dove possibile, di buffet in modo che ognuno possa avere flessibilità circa l’ora in cui cenare). *I portoghesi, la noce moscata e il caffè. A loro si deve la diffusione, non solo in Europa, anche di questi due prodotti dall’inizio del XVI secolo. Lo rileviamo per sottolinearne due aspetti non sempre noti. La Myristica fragrans,  prodotta soprattutto in Indonesia, assume il nome di noce moscata proprio perché Muscat nel passato è stato il porto che più ha consentito la commercializzazione di questa spezia, grazie soprattutto alla presenza dei Portoghesi. Neppure il caffè è una pianta coltivata in Oman. Ha origine nella regione del Corno d’Africa. Sono gli Yemeniti che per primi ne sviluppano la coltivazione in larga scala in tutto il loro territorio, inclusa Soqotra. È da qui che i Portoghesi dopo averne scoperto le caratteristiche, ne esportano la produzione in tutto il mondo, incluso il Brasile. **L’arte in genelare in Oman non è solo ricerca ed espressione del bello, e non può schematicamente essere definita fine a sé stessa, l’arte per l’arte. Vuole essere anche funzionale alla vita di ogni giorno per singoli e comunità. Vale per i gioielli, la calligrafia, l’architettura delle torri del vento, castelli e moschee. Un gioiello, per esempio, una volta svolta la funzione di ornare per un certo tempo o una ricorrenza, spesso si fonde per produrre altri gioielli o trasformare il materiale prezioso in contanti. La calligrafia non serve solo ad impreziosire e decorare luoghi religiosi, ma a diffondere frasi coraniche scritte su carta o piastrelle che decorano edifici. Le torri del vento abbelliscono edifici ma, essenzialmente, rinfrescano l’aria. (Come avviene anche in Iran). Costruire forti su spuntoni rocciosi serve a dare basi più solide e risparmiare terra da dedicare alle attività agricole, oltre che garantire residenze sontuose ai regnanti. Forse, però, l’aspetto funzionale dell’arte si riscontra specie nelle moschee. Quegli edifici, a volte mirabili per maestria decorativa e architettonica con ampie sale e minareti che fungono da punto di richiamo peri fedeli, sono occasione di costruzione della comunità islamica. Sono il posto in cui si può sostare, riposare, dormire, ascoltare l’imam, pensare, pregare, incontrare gli altri. Forse non esiste nel mondo musulmano un altro esempio così esplicito di arte al servizio dei singoli e della comunità. ***L’Amouage, concentrato di essenze arabe. (Ne parliamo anche perché rimanda al ruolo assai rilevante che ha avuto l’incenso nella storia omanita, e in genere per tutta la regione sudarabica). Nel 1983 un ministro del governo omanita decise di rafforzare la tradizione in questo settore favorendo la nascita di un profumo, miscuglio di franchincenso, vero estratto lattiginoso dall’albero dell’incenso, rosa omanita, mirra e un altro centinaio di componenti mantenuti più segreti di quelli della Coca Cola. Un prodotto assai caro, spesso ulteriormente impreziosito e protetto in flaconi d’oro. Un vero esclusivo sapore d’Arabia. La storia economica e sociale dell’Oman inizia con due tradizionali ricchezze. Il rame e quell’alberello, in realtà bruttino, da cui si ricava appunto l’incenso. Dalle aride rocce calcaree spunta la Boswellia Sacra. Pare quasi priva di vita, ha poche foglie per gran parte del tempo, presenta rami stortignaccoli e una corteccia sbucciata scorticata. È come quella “dell’albero del turista” che si spella proprio come un incauto turista che abbia preso troppo sole. Però, proprio da ferite inferte dall’uomo sulla ruvida corteccia, colano perle lattiginose o ambrate. Gocce resinose, linfa aromatica e sostanza oleosa che induriscono al sole. Forma sassolini che sembrano pietre preziose grezze in grado di sprigionare fragranze esotiche, come l’inavvicinabile profumo. L’esclusivo Amouage già nel nome, amuleto, suggerisce una funzione che va ben al di là di quella puramente odorosa e, proprio come l’incenso, possiede poteri e caratteristiche immateriali quasi talismaniche. Le volute di fumo dell’incenso sull’uscio delle case, ancora oggi, mantengono lontani gli spiriti maligni. Si usa anche contro disturbi di tosse e psicosi. Nel passato, medici greci e romani lo prescrivevano diffusamente anche nei casi in cui si ritenesse vi fossero aspetti di stregoneria. Nell’epoca moderna, non solo nella penisola arabica, oltre a continuare a svolgere un ruolo centrale nella creazione di fragranze, è parte di certe ritualità religiose. Come si vede, è assai versatile e si lascia usare in tanti modi. Però, non cresce ovunque. Sembrerà strano ma, questa pianta da cui si ricavano essenze gradevoli e delicate, attecchisce e cresce bene solo in luoghi aspri inospitali con rocce e terre calcaree che regalino poco nutrimento. Nella foto che apre il programma, i ghirigori profumati dell’incenso contornano e sembrano sostenere preziosi contenitori di essenze da esso derivate. L’Amouage perpetua sapori d’Arabia dentro flaconi con chiusure a mo’ d’impugnature del tradizionale pugnale locale. E il contenuto, già dal nome promette delizie. Mai nome di un profumo è riuscito ad essere più evocativo. Amouage, amuleto, si presenta subito sostanza in grado di stravolgere la realtà per proporre solo positività e piacere esclusivo. (Tanto esclusivo da far passare ogni desiderio di possederlo se sulle confezioni compare il prezzo).  Il nostro hotel a Muscat, Crowne Plaza    (www.ihg.com/crowneplaza/hotels/it/it/muscat) Soddisfa per la qualità delle stanze e dei servizi, lo staff assai professionale e l’ottima posizione con vista sul Golfo dell’Oman. È affacciato sul mare sopra una piattaforma rocciosa, nel quartiere Qurm poco distante dall’Opera House. Un vero 4* che apprezzeremo a inizio e fine del nostro viaggio. Piscine, spiaggia privata, palestra, vari bar, sauna, Wi-Fi…Non si tratta certo di un piccolo boutique hotel, ma di una moderna struttura con servizi e atmosfera adeguati a ciò che ci si aspetta di trovare in un buon albergo della capitale. 
    Da oggi usiamo 4X4 con soli tre passeggeri. Ognuno dispone di un finestrino, aspetto certo gradito ai nostri compagni di valigia. Accompagnatore e guida locale siedono sempre accanto all’autista. Gli altri partecipanti, se lo vorranno, potranno ruotare nei posti disponibili. Prima colazione e partenza verso l’entroterra in direzione dei monti Hajar, una delle principali attrattive turistiche dell’Oman. In questa regione attraversiamo piccoli villaggi montani e terrazzamenti verdi irrigati ancora con antichi sistemi, falaj* (aflaj plurale), inseriti nel 2006 tra i Patrimoni Umanità Unesco. (Si tratta di un contesissimo, e a volte contestato, elenco che include oltre 1.100 beni materiali e immateriali selezionati nel mondo. L’Italia è al primo posto con 58 presenze. Si alterna con la Cina che ne vanta 57. La Germania segue con 51. La classifica è in continuo cambiamento).Oggi lasciamo il “Paese del Golfo” e andiamo verso le montagne ad ovest della capitale entrando nell’Oman che più ci coinvolge, con soste nel villaggio di Misfat Al Abreen e nell’oasi di Al Hamra.Misfat colpisce anche perché ricorda frammenti yemeniti. Pietra e palme specie da dattero con lo sfondo del massiccio più alto del Paese, sono un primo impatto con la realtà montana omanita. Cammineremo tra vicoli e orti recintati, sentieri e aflaj, gradini ripidi e persone ospitali, ma che pretendono un vestire decoroso e rispetto della privacy da parte dei turisti. Un bel modo per approcciare la diversità dell’Oman.Vicino c’è Al Hamra anch’essa ai piedi dei Monti Hajar, antichissimo insediamento ancora oggi in parte abitato. Il quartiere più in alto è da tempo abbandonato. Le case della parte che può suggestionare, sono state realizzate in mattoni crudi con colori che piacevolmente contrastano con aree verdi e palme circostanti. Edifici semidiroccati spezzoni di legno e borchie di metallo sui portoni contribuiscono a presentarci pezzi di storie.Dopo il pranzo, che consumiamo nel ristorante di un resort lungo il nostro percorso, proseguiamo attraverso le alture su cui domina il Jebel Shams, la Montagna del Sole, la cima più alta dell’Oman, tra scenari che culminano ai margini di un canyon.Nel tardo pomeriggio arrivo in hotel.Pranzo nel ristorante del Jebel Shams Resort, e cena in hotel.Falaj*Questo sistema di irrigazione ha origini antichissime, pare risalenti addirittura al III millennio a.C. È importante, non solo perché in una regione caratterizzata da particolare aridità, consentiva di incanalare l’acqua da fonti sotterrane per farla giungere a campi e abitazioni. Assieme a questo aspetto, vi era quello sociale legato alla condivisione di un bene preziosissimo tra gli abitanti di uno o più villaggi. La realizzazione dei canali e dei sistemi di controllo, come le numerose torri che punteggiano la regione, sono testimonianza della diffusione ed essenzialità degli aflaj. Ciò ha sempre contribuito a determinare e rafforzare il senso di comunità. Ancora oggi nei piccoli centri e qualche città sopravvive tale principio, e la sua equa e condivisa gestione è garantita da radicati valori comuni. Pare vi siano in tutto il Paese oltre 4.000 canali. Quello più degno di menzione serpeggia proprio sotto le sabbie dello Sharqiya (Wahiba), per una lunghezza di oltre cento chilometri. Da sempre tale sistema ha mantenuto in vita le oasi. L’acqua raccolta dai fianchi delle alture è convogliata prima nei pozzi, in modo che possa essere usata essenzialmente per dissetarsi, poi indirizzata verso le moschee per le sacre ritualità delle abluzioni. Infine è spartita tra i vari campi dei villaggi. Nel passato, come si verificava anche nelle oasi libiche (chi sia andato a Ghadamesh ha potuto averne visione diretta), la ripartizione della preziosa risorsa era garantita da un guardiano e da un orologio ad acqua.  Funzione ora assolta da più moderne pompe automatiche. Di queste opere idrauliche parla anche Ibn Battuta* stupendosi di come l’uomo sia in grado, in contesti geografici tanto distanti (si riferisce proprio a canali presenti in Africa e Oman), di escogitare soluzioni tecniche simili.     *Ibn Battuta,  uno  dei  più  grandi  viaggiatori  di  tutti  i  tempi(Forse il più grande).Nasce a Tangeri nel 1304 e vi muore verso il 1370, dopo aver viaggiato attraverso i territori di quarantaquattro moderni stati, percorrendo oltre centoventimila chilometri. Un lunghissimo itinerario tra Africa, Medio Oriente, regioni del Centro Asia, India, Cina. Annota personaggi e usanze, religiosità e costumi, curiosità e stranezze, aneddoti e prodigi, aspetti legati alla natura e tipi di piante, modi di vita. Vive circa mezzo secolo dopo Marco Polo ma, a differenza di quest’ultimo, compie un percorso assai più lungo e vario. Soprattutto, molto probabilmente interviene in modo più sostanziale nella scrittura delle sue memorie, di quanto non abbia fatto il veneziano ne “Il Milione”.     Il viaggiatore marocchino nasce in una famiglia di giuristi di origine berbera. A 21 anni lascia la sua città per compiere un pellegrinaggio nei luoghi dell’Islam. Confida di trovare sostegno logistico ed economico nell’articolata rete di istituzioni islamiche che possono aiutare i viaggiatori. Il suo scopo, oltre adempiere a uno dei cinque precetti musulmani recandosi alla Ka’bà della Mecca, è incontrare maestri di giurisprudenza per acquisire competenze. Il viaggio però durerà molto più del previsto, perché la sua curiosità e passione per la conoscenza di uomini e luoghi lo porta ben oltre i confini della “dimora dell’Islam”.  Non è un caso che la sua raccolta di memorie si apra con la frase “Andar per genti”.Parte da Tangeri nel 1325 e vi torna dopo 24 anni per ripartire subito dopo verso il nordovest africano. Rientra definitivamente nel 1354 (non nel 1325 come erroneamente riportato nella quarta di copertina de “I Viaggi”, Einaudi, 888 pagine a cura di Claudia M. Bresso), e si mette al lavoro per scrivere del suo andar per genti. L’opera citata, a parte la piccola sbavatura, è un eccellente racconto e fonte di informazioni. È arricchita dalla cura con cui Bresso completa il testo originale inserendo interessanti note esplicative, riferimenti storici, chiarimenti di termini arabi, evidenziando anche certe contraddizioni storiche presenti nel ponderoso volume. Indica altresì gli inserimenti nel testo apportati da Ibn Juzayy, lo scrittore di origine andalusa che mise per iscritto quanto raccontatogli dettato e annotato da Ibn Battuta.Il viaggiatore è anche un grande narratore e affabulatore che amava ammaliare i suoi ascoltatori, dal sultano di Ceylon agli “amici parenti ai bambini sotto i portici della madrasa a Fes o sotto le arcate della moschea di Marrakech”. Lo stesso estensore rivela che “Ibn Battuta ci deliziò con il racconto dei suoi viaggi e tutti traemmo utilità dalle sue meravigliose storie”. Anche a detta di storici e letterati che l’hanno conosciuto o ne hanno studiato vita e opera, pur ammettendo che non fosse un valente scrittore ne sottolineano la capacità di gran raccontatore. L’intervento principale di Ibn Juzayy consiste nel curare le regole di buona scrittura, inserendo anche note poetiche e “panegirici fioriti” quasi sempre segnalati dalla Bresso, alcuni dei quali appesantiscono però il testo. La redazione del libro avviene dopo gli anni in cui Ibn Battuta, avendo più e più volte raccontato dei suoi viaggi, aveva quasi imparato a memoria un testo che dettò allo scrittore andaluso. Un lavoro che durò un anno. Poco, considerando la mole delle informazioni, proprio grazie al fatto che si è trattato essenzialmente di riportare in bella scrittura e corretto arabo quanto fuoriusciva dalla memoria delle sue esperienze e tantissime narrazioni.Del suo ponderoso ma non noioso volume di circa novecento pagine, ci piace ricordare, oltre al citato “Andar per genti” che ben indica quale fosse il suo reale intento, una frase in cui mostra tutta la consapevolezza di ciò che aveva visto e fatto. “Grazie a Dio ho davvero avuto quel che volevo quaggiù: viaggiare per il mondo! E in questo campo, per quanto ne so, ho ricevuto più di chiunque altro. Resta l’aldilà…”. 
    Colazione e partenza in direzione nord ovest verso Al Ayn. (Secondo le condizioni della viabilità che riscontreremo in loco, questa escursione potremmo averla effettuata ieri). Alcuni fanno risalire la necropoli di Al Ayn al III millennio AC. Se così fosse ci troveremmo di fronte al più antico sito archeologico del Paese.La tradizione islamica vuole che le sepolture siano semplici, tranne quelle dedicate a uomini di particolare rilevanza. In genere basta un sasso, spesso senza neppure il nome, ad indicare la presenza di una tomba, con la posizione della testa orientata verso La Mecca. A volte la pietra può essere di grandezza e forma diversa per suggerire che si tratti di un bambino donna o uomo. Altre possono essere colorate per sottolineare che il defunto abbia svolto il pellegrinaggio sacro alla Ka’bà. Al contrario della descritta usanza islamica e contraddicendo pure la tendenza dell’odierno Oman che limita la corsa ad innalzare le proprie architetture, nel remoto passato le tombe, ora parzialmente decapitate dal tempo, si realizzavano tendendo verso l’alto per offrire corpi e anime dei defunti agli dei, da sempre ritenuti residenti in cielo.Da lontano, poste sulla cresta di alture, appaiono quasi come una fila di piccole torri fatte per gioco sulla spiaggia usando secchielli di sabbia. Sono state costruite in una vasta zona che include anche la vicina Bat, dichiarata assieme ad Al Ayn Patrimonio Umanità dall’UNESCO. Quest’ultima conserva quelle meno danneggiate dal tempo.Il depositarsi dei millenni su questo sito è ben visibile, anche perché non è stato sottoposto a particolari lavori di restauro, a differenza di quasi ogni altro in Oman. Ciò contribuisce ad esaltarne il significato e l’autenticità. Importanza storica e autenticità, sono proprio i criteri principali con cui l’UNESCO seleziona l’inclusione tra i suoi patrimoni. Relativamente ad Al Ayn, l’agenzia delle Nazioni Unite motiva l’inserimento rilevandone lo straordinario stato di conservazione, che lo presenta come paesaggio fossilizzato nell'età del bronzo, fungendo quasi da capsula del tempo.Vi sono tante opere funerarie accuratamente sparse in una vasta area arida e inospitale. Si tratta di imponenti cumuli di pietra a forma tronco conica, alcuni dei quali raggiungevano anche l’altezza di cinque piani e rimandano alle forme dei nostri nuraghi. Da quattro o cinquemila anni stanno lì a custodire memorie umane, e a suggerire irrisolte domande circa la loro esatta origine. Dopo il pranzo visitiamo due castelli.Jabreen ha un forte del XVII secolo. All’inizio era sede di una scuola di studi islamici per astrologia e medicina. Ha un buono stato di conservazione e non pare aver subito particolari modifiche e interventi ricostruttivi. Sale, magazzini, camere funerarie, decori su pareti e soffitti, cortili rendono interessante il luogo.A una decina di chilometri sta il secondo castello che visitiamo oggi. Bahla non è sede solo della più famosa e, pare, antica fortezza dell’Oman. È una città interamente fortificata cinta da sette chilometri di mura. Vi è una fiorente attività di produzione ceramica e vi si è stabilità da vari secoli una consistente colonia di jinn*, spiriti della tradizione islamica, spesso di natura maligna. Per molti anni il forte non è stato accessibile al pubblico perché gli impegnativi lavori di ristrutturazione e restauro hanno necessitato un grande impegno, che è stato premiato dall’UNESCO con l’inserimento tra i Patrimoni dell’Umanità e dalla continua presenza di visitatori. La parte più antica risale al XII secolo, con ripetuti interventi nei secoli successivi. È maestoso, arricchito da torri, mura stondate, merlature, pietra, mattoni di fango e qualche eccessivo intervento ricostruttivo. Nel complesso è da non perdere. Jinn*La presenza di queste entità nelle credenze dei musulmani è un aspetto che potrebbe sembrare contraddire uno dei pilastri inamovibili dell’Islam, l’unicità assoluta di Dio. In molte forme di religiosità tali essenze, definite di volta in volta spiriti geni o santi, sono compatibili con l’ortodossia dottrinale. Per esempio, nel Buddhismo si ammette la coesistenza di Siddharta Gautama, il Buddha storico, con i Nat in Birmania e i Phi in Thailandia, spiriti che si sovrappongono ai culti ufficiali. In altre religioni, come quella cristiana, pur prevedendo la presenza di santi, più volte nella storia le autorità papali ne hanno ridimensionato ruolo e numero per evitare eccessi che trasformassero certi santi in sostituti o “concorrenti” di Dio. Nella religione monoteistica per eccellenza, l’Islam, si è sempre accuratamente evitato di far emergere figure sacrali che potessero anche solo velatamente oscurare l’assoluta unicità di Allah, essendo questo il principio cardine su cui ruotano massimamente teologia e pratica di ogni musulmano. Tenendo presente ciò, è degno di interesse l’apparire in alcune regioni (come in Oman forse grazie alle richiamate tradizioni di “terzietà”), di entità sacre che potrebbero sembrare alimentare forme di culto davvero inopportune, se andassero nel senso di annebbiare minimamente il Dio unico. Storicamente i Jinn sono credenze attive già dall’epoca preislamica nella Penisola Arabica, come esseri soprattutto maligni. La loro esistenza viene certificata nel Corano, che li intende come entità extraumane, ma non certo divine, spesso identificate nella cultura popolare come presenze magiche, quali quella che si sprigiona dalla famosa lampada. In generale, si tratterebbe di essenze negative, che si manifestano come aspetti dell’ostilità ambientale con lo scopo di rendere più difficile la vita dell’uomo. E non è certo un caso che tali credenze si radichino specie nelle regioni desertiche, dove l’habitat è meno ospitale.  Pranzo durante l’escursione in ristorante locale o, se possibile, presso una casa privata. Cena in hotel.
    Questa intensa giornata inizia con la visita di Nizwa, antica capitale. È in una pianura circondata dal verde e da cime tra le più alte dell’Oman. Anche se è la seconda meta turistica del Paese, la sua radicata cultura tradizionalista ne fa, dal 2013 anche formalmente, “Capitale della cultura islamica”. (Adotteremo per questo adeguato abbigliamento e comportamento).Andiamo al forte e nel suq.I circa quaranta metri di altezza della torre circolare dominano il castello fatto realizzare nel XVII secolo. È uno dei più grandi dell’intera penisola ed è destinazione di molti visitatori anche locali, che qui possono giungere direttamente dalla capitale con una buona strada in circa due ore.Il suq è grande ed è articolato in diversi settori con merci varie e beni alimentari che interessano essenzialmente i locali, e uno spazio dedicato all’artigianato che può coinvolgere i turisti. Interessanti sono i pugnali tradizionali, khanjar, alcuni dei quali in argento prodotti da valenti artigiani locali ma pure indiani e pakistani.  (Si tratta dei pugnali a lama ricurva assai diffusi in Yemen, le jambiya, dove costituiscono da molti secoli motivo distintivo ornamentale e di prestigio dei maschi e di ogni ragazzo che si avvii ad entrare nell’età adulta). Di questi luoghi parla Ibn Battuta, che qui giunge dal sud desertico.  “Dopo un viaggio di sei giorni nel deserto, il settimo arrivammo in Oman (intende la parte nord dell’attuale Oman, ndr). Un paese fertile e irriguo disseminato d’alberi giardini e palmeti dove crescono vari tipi di frutta. La capitale Nazwa (Nizwa) sorge ai piè di un monte circondata da giardini e ruscelli e possiede bellissimi mercati e imponenti moschee molto ben tenute. La gente qui ha l’abitudine di mangiare nel cortile delle moschee: ognuno porta quello che ha e pranzano tutti insieme, e se c’è qualche viaggiatore mangia anche lui. Sono uomini arditi e coraggiosi che seguono il rito ibadita”. Ibn Battuta sottolinea e conferma due interessanti aspetti. L’uso delle mosche come luogo di preghiera ma anche di socialità e la pratica dell’Islam ibadita. Inoltre, parlando del sultano dell’Oman, rivela pure una caratteristica che pare perpetuarsi per lo meno sino al defunto Qaboos.  “Il sultano dell’Oman…quando tiene udienza si siede fuori della porta del palazzo e chiunque si presenti, straniero o no, viene ricevuto. Tratta gli ospiti con grande rispetto com’è d’uso presso gli arabi beduini offrendo loro ospitalità…alla sua mensa si mangia carne d’asino domestico”. Lasciata Nizwa, dopo un paio d’ore attraversiamo Ibra percorrendo la strada verso il deserto, che proprio da qui comincia a snodarsi accompagnata dalle dune. Continuiamo verso il cuore del deserto. La destinazione finale di oggi è a circa un’ora. Ci infiliamo tra le dune di sabbia per arrivare nel nostro campo tendato.Pranzo nel ristorantino locale Izki Yemeni e cena al campo.
    La giornata potrà essere intensa se decideremo di andare anche a Sur oggi.Chi voglia assaporare un poco di solitudine tra le dune, sarà bene sintonizzi la sveglia prima di quella del gruppo. È occasione per camminare tra le sabbie in un’ora del giorno opportuna per luce e calura.Colazione e partenza. Continuiamo ad attraversare un pezzo di deserto per arrivare in un posto che non ti aspetteresti, vista le caratteristiche desertiche della regione. A circa cinquanta chilometri percorribili in un’ora, s’incontra il Wadi Bani Khalid, con una presenza d’acqua che permane durante tutto l’anno. Sta tra la pianura e i monti dell’Hajar Orientale. Ne attraversiamo una parte tra interessanti forme rocciose e grandi pozze d’acqua. (Agli omaniti, come a tutti quelli che vivono in regioni desertiche, piacciono i luoghi in cui l’acqua crea oasi. Per questo non è raro, specie nei giorni festivi, incontrarne non pochi qui e ovunque l’aridità lasci il posto al verde e a godibilissime piscine naturali. Ci fermeremo solo il tempo necessario per apprezzarne qualche scorcio). Dopo altri cento chilometri e due ore di jeep siamo a Jalan Bani Nu Alì “ai margini delle Wahiba Sand”, come recita un cartello all’ingresso della cittadina ricca di memorie storiche. Oltre al vecchio castello, un’assai originale moschea, e aspetti secondari ma degni di nota come il legno decorato e intagliato di molte porte, questo piccolo centro conserva un’atmosfera tradizionalista. Può manifestarsi anche nella curiosità suscitata dagli stranieri, molto meno frequenti che in altre regioni dell’Oman. Una sottolineatura merita l’architettura della Jami Al Hamoda Mosque con 52 cupole che la denotano fortemente.Siamo a un centinaio di chilometri dalla costa. Arriviamo nella zona di Sur e Ras Al Hadd sull’Oceano Indiano in un paio d’ore.  Sur è lambita dalle acque del Golfo dell’Oman e dalla laguna. L’insenatura naturale è caratterizzata da forti e torrioni di avvistamento per la difesa del territorio, case colorate di calce bianca, corniche e faro. La specificità che ha reso famoso il posto nei secoli, sta nei cantieri navali dove si costruiscono ancora i tradizionali dhow, le imbarcazioni arabe utilizzate dai pescatori del luogo. Arriveremo in un cantiere passeggiando lungo la corniche. Potremo anche osservare attentamente un’imbarcazione ben restaurata esposta nel museo navale all’aperto, che propone elementi dedicati alletradizionali attività marinaresche. Le caratteristiche di quella barca permettono anche di notare la capacità dei locali di usare corde per assemblarne le varie parti, invece dei chiodi. Da rilevare anche la presenza di un piccolo agglomerato che sta un poco in alto dalla parte opposta della laguna. È Ayjah, un villaggio imbiancato che sovrasta la baia. Sta oltre un ponte sospeso (il primo in Oman, e forse l’unico), e prima del faro che domina la punta costiera. Meta finale della giornata è l’estremità della penisola di Ras Al Hadd, a circa 40 chilometri da Sur, nell’estremo est della penisola arabica, dove si trova l’hotel in cui pernottiamo.  Nel passato, come annota sempre Ibn Battuta nelle sue cronache di viaggio, da qui partivano i dhow dalle “coste del Mar Indiano da cui esportano in India cavalli di razza. Da qui all’India col vento favorevole la traversata dura un mese”.Il viaggiatore marocchino ci informa anche su un altro interessante aspetto che ha a che fare con le attività dei cantieri navali di Sur. Durante i nostri trasferimenti avremo avuto modo di notare vari tipi di palme tra cui quella da cocco. È una pianta importante perché da sempre, come scrive nei suoi diari “…la palma da cocco, o noce d’India, è un albero tra i più meravigliosi e stravaganti. Il frutto somiglia alla testa di un uomo, come questa sembra avere occhi e bocca e quando è verde l’interno è una specie di cervello, mentre fuori è ricoperto di fibre che ricordano i capelli. Con queste fibre, tra l’altro, si fanno diversi tipi di cime e corde, anche usate per unire le assi delle imbarcazioni al posto dei chiodi di ferro”. Sempre da Ibn Battuta, questa volta con qualche approssimazione, apprendiamo del tradizionale metodo di pesca delle perle come era praticato sino a qualche tempo fa in questa regione, prima che si passasse alla coltivazione delle ostriche perlifere. “Le perle si pescano in una baia… dove convergono nei mesi di aprile e maggio molte barche con pescatori e mercanti. Per immergersi il pescatore indossa una specie di maschera fatta con guscio di tartaruga, e si stringe il naso con una specie di pinza dello stesso materiale, poi si lega una fune alla cintola e va giù. Il tempo di resistenza sott’acqua varia da uno all’altro: alcuni restano un’ora o due, o poco meno. (Sperabilmente, il viaggiatore si riferisce al tempo complessivo di immersione, ndr). Giunto sul fondo il pescatore trova le ostriche infisse nella sabbia in mezzo alle pietruzze e staccandole con la mano o con un coltello le ripone in un sacco di cuoio che tiene a tracolla. Quando non ha più fiato smuove la fune e l’uomo che è sulla barca lo issa a bordo. Allora aprono le ostriche e con un coltello staccano i pezzetti di carne che a contatto con l’aria si induriscono e diventano perle. In ultimo fanno un mucchietto con le perle raccolte, il sultano ne preleva un quinto, il resto lo acquistano i mercanti, ma molti pescatori sono indebitati con loro e spesso cedono tutte le perle per saldare il debito”. Pranzo con leggero lunch box durante le escursioni, e cena in hotel.
    L’andamento di ieri influenzerà anche quello odierno. Secondo l’ora di arrivo del giorno prima, trascorriamo parte della mattinata passeggiando tra corniche, cantieri navali, faro e Ayjah. Oppure potremo fruire della spiaggia, prendere il sole, passeggiare, noleggiare una barchetta…Iniziamo quindi il rientro verso la capitale che dista più di tre ore seguendo la costa, proponendo due soste. Una nello scenografico Wadi Shab, l’altra presso la Tomba di Bibi Miryam, Patrimonio UNESCO.Qalhat la incontramo a circa venti chilometri da Sur. I lavori di restauro probabilmente non saranno ancora terminati ma, come certifica il suo inserimento tra i Patrimoni UNESCO nel 2018, si tratta di un’importante testimonianza storica, al di là dell’apprezzabilità artistica. Qalhat affonda le antiche radici, che attecchioscono già nel II secolo, in un passato importante specie dall’XI al XVI. Qui gli incroci umani e commerciali tra Asia, in particolare Cina India e Africa ne arricchiscono cultura e architetture. Varie erano le merci che vi giungevano da lontano. Anche da Qalhat partivano soprattutto perle e tanti cavalli. Non conserva molto della sua storia ma, anche se ancora non aperto al pubblico, i laboriosi e lunghi lavori di restauro, ne stanno certo accrescendo anche l’aspetto estetico. Tra la strada e il mare si trovano i resti della Tomba di Bibi Miryam, fatta risalire agli inizi del XIV secolo. Può darsi però che fosse una moschea (per lo meno in un certo periodo), ma non si sa bene se fatta realizzare dal sovrano di Hormuz, suo marito, o da Bibi Miryam stessa. In ogni caso si tratta del manufatto certamente più interessante di quanto sopravviva dell’intera città, e l’intervento dell’Unesco sarà forse in grado di recuperare anche informazioni più certe. Comunque, pare che prenda nome dalla moglie del governatore della regione, che nel XIV secolo dovette assentarsi dalla città lasciandone la gestione appunto a lei. Ciò testimonierebbe anche il ruolo non secondario di alcune donne in quella parte d’Arabia, pur all’interno della cultura islamica. Per questi motivi l’UNESCO nel 2018 ne ha deciso l’inclusione tra i Patrimoni dell’Umanità. Non molto se ne è scritto neppure su testi in genere sufficientemente informati come la Lonley Planet, nonostante il luogo sia stato oggetto di interesse nei secoli, anche da parte di due grandi viaggiatori come marco Polo nel XIII secolo e Ibn Battuta, il secolo dopo. Soprattutto da quest’ultimo possiamo attingere qualche informazione per arricchire quanto oggi si è in grado di ricostruire relativamente al suo più fiorente periodo.  “Sede di bellissimi mercati, Qalhat sorge sulla costa e possiede una magnifica moschea dai muri ricoperti di piastrelle simili a quelle maghrebine, fatta costruire dalla pia Bibi Miryam (che qui significa donna libera). Vi gustai un pesce…lo cuociono alla griglia su un letto di foglie con riso importato dall’India. Quando attracca una nave gli abitanti sono molto contenti perché vivono di compravendita dei prodotti che arrivano dal mare indiano... Pur essendo in gran parte kharigiti (la “terza via” di cui parliamo nell’introduzione, ndr) non possono manifestare apertamente  le loro credenze perché sono sotto la giurisdizione del sultanato sunnita di Hormuz. Non lontano da Qalhat sorge il villaggio di Tibi…un bellissimo paesino ricco d’acqua e d’alberi lussureggianti…da dove arrivano banane e betel”. In tal modo il viaggiatore mussulmano ci conferma aspetti commerciali e di fede religiosa, circa il loro appartenere a quella particolare “terza via” islamica Kharigita che si strutturerà poi nel filone ibadita.  Dopo la sosta fotografica, (sperando che le recinzioni del cantiere consentano di avvicinarsi sufficientemente), proseguiamo sempre seguendo la litoranea verso Wadi Shab, vicino alla piccola comunità di Tiwi. Assai probabilmente, la Tibi di cui parla Ibn Battuta è proprio Tiwi, e le “acque e alberi lussureggianti” di cui riferisce il grande viaggiatore marocchino, sono gli aspetti che ancora oggi rendono famoso il Wadi Shab. I locali chiamano il posto Gola tra le Rupi. Vogliono indicare che si tratti di un luogo dove giungono le acque che scorrono dall’Hajar Orientale. Ciò ha creato un paesaggio che mostra pozze colorate tra le rocce, un articolato falaj, cascatelle e terrazzamenti che giustificano la breve visita.  Arrivo a Muscat e trasferimento in hotel. Pranzo con leggero lunch box durante le escursioni nell’area del Wadi Shab. Cena e pernottamento a Muscat nel Crowne Plaza, lo stesso dell’arrivo.  
    Dopo colazione lasciamo l’hotel avendo già caricato le valigie nel bus.Completiamo le visite a Muscat con la Royal Opera House, vicina al nostro hotel e la Grande Moschea. (Se non già fatto in precedenza). La costruzione di quest’ultima dura sei anni. Nel 2001, all’inaugurazione, gli omaniti possono ammirarne le eclatanti caratteristiche di maestosità esterna e i particolari interni. Fuori offre immagine di composta forza e imponenza, dentro mostra pretenziosità che soddisfano il gusto locale. Sono enormi la struttura, un lampadario pesante varie tonnellate di cristalli Swarovski (il più grande al mondo), un tappeto di oltre quattromila metri quadrati di pura seta (il secondo al mondo), una capienza per oltre ventimila maschi. Anche i non islamici possono visitarla, con un abbigliamento acconcio.Ancora permane, durante i riti, l’antica consuetudine di cui parla Ibn Battuta.  “Fra le loro belle abitudini c’è quella di stringersi la mano nella moschea dopo le preghiere. I fedeli della prima fila si voltano indietro e stringono la mano a quelli della fila successiva”. Pure la Royal Opera House appare sontuosa all’interno ed essenziale all’esterno. Il tutto è caratterizzato da una profusione di marmi e legni.Trasferimento in aeroporto per il volo diretto a Milano della Oman Air WY 143 delle 14.10. Vista l’ora del volo, si fruirà del pranzo a bordo. Arriviamo alle 18,20. 

    Perché con noi

    • Utilizziamo il miglior campo tendato nel deserto del Wahiba
    • Utilizziamo auto 4x4 in cui ogni partecipante ha garantito il posto finestrino
    • L'itinerario è stato disegnato per far conoscere ogni ambiente, dalle montagne al deserto, dal mare alle città 
    • Utilizziamo una guida locale parlante italiano oltre l'esperto della destinazione

    Approfondimenti di viaggio

    Abbiamo aggiornato il programma dopo la sospensione di oltre due anni del turismo in loco, che può aver inciso sulle manutenzioni di hotel e servizi in generale. In corso di viaggio potranno verificarsi variazioni anche senza preavviso, per esempio in relazione allo stato delle strade, aperture dei luoghi da visitare… In queste note indichiamo solo aspetti del programma, oltre alle quote di partecipazione. Le informazioni dettagliate circa modalità di pagamento, assicurazioni, visti, [...]