• FESTIVAL DI PHYANG E KORZOK

    INDIA LADAKH

  • FESTIVAL DI PHYANG E KORZOK

    INDIA LADAKH

    Viaggi con Esperto

    Durata 14 GIORNI
    Partecipanti MINIMO 10 MASSIMO 16  PARTECIPANTI
    Partenze

      2023

    • Dal 13  luglio  al 26  luglio  

    A PARTIRE DA:  

    4.400€

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    Ladakh - India

    FESTIVAL DI PHYANG E KORZOK

    Le cime himalayane lo proteggono dai monsoni. Sbaglia, però, chi se lo immagina come una terra brulla, in cima al mondo. Perché il Ladakh, nell’estremo nord dell’India, non ha solo paesaggi tipici dell’alta quota. Vanta anche grandi distese di verde, fiumi impetuosi, muraglie di abeti. E persino cammelli. Oltre che monasteri, castelli e antichi palazzi reali. Non è un caso che sia il luogo in cui il buddhismo tibetano ha meglio conservato le tradizioni. Una regione dalla storia antica e dalla coraggiosa popolazione. Monaci, pastori e contadini che tengono testa alle mire espansionistiche di pakistani e di cinesi. E che accolgono i turisti in un’atmosfera piena di spiritualità.

    In estate i locali si riuniscono nei grandi monasteri per celebrare feste sontuose. Molte dall’origine religiosa, altre più legate alla vita sociale. Ed è proprio in occasione dei Festival di Phyang e Korzok che si svolge questo viaggio. Un’esperienza mistica in cui vedere i monaci che si cimentano in danze rituali. Che saltano, fanno piroette, ondeggiano e muovono vorticosamente nell’aria le gonne coloratissime. Al suono di cimbali, trombe, tamburi e gong, simulando il combattimento fra spiriti benigni e forze del male.

    Ascolta ora la puntata di "Frammenti di Viaggio", il podcast di Kel 12, dedicata all'India

    ITINERARIO

    Partenza con voli di linea per Delhi via scalo intermedio. Arrivo verso l’una di notte e dopo le formalità doganali attesa per l’imbarco del volo su Leh. 
    Prima dell’alba partenza con volo di linea per Leh. Dopo un’ora di volo, osservando dall’alto le cime himalayane coperte di neve e ghiaccio,  si giunge nella capitale dell’antico regno del Ladakh, posta a 3.500 metri di altitudine.    Trasferimento alThe Zen Ladakh Hotel, un buon albergo di recente costruzione classificato tra i migliori di Leh, www.thezenladakh.com.Aperta al turismo solo nel 1974, la città di Leh oggi accoglie numerosi viaggiatori provenienti da tutti i paesi del mondo, ma i suoi abitanti non sembrano aver modificato molto il loro modo di vivere, forse perché, fin dal passato sono stati abituati a vedere passare e soggiornare nella loro capitale stranieri provenienti dai quattro angoli dell’Asia. Infatti, la città ebbe un passato prestigioso e fu attraversata per lungo tempo dalle carovane, trovandosi nel cuore d’importanti vie di comunicazione. La sua posizione geografica la rese un centro privilegiato di scambi commerciali, lungo la via di comunicazione che collega il Kashmir all’Asia Centrale. Le carovane provenienti dalla Russia, da Kashgar e dal Turkestan si riunivano  a Khotan prima di arrivare a Leh. Lhasa, la capitale del Tibet, era collegata a Leh attraverso una strada che costeggiava il versante nord dell’Himalaya. Nel bazar di Leh si poteva vedere una folla pittoresca dove, i colori incredibili dei costumi tradizionali si mescolavano al cangiante dei turchesi che ornano le acconciature delle donne ladakhe. A causa dei problemi sorti nello Xinjiang alla fine degli anni trenta, gli scambi economici tra il Kashmir e l’Asia Centrale si arrestarono bruscamente e, durante la Seconda Guerra Mondiale le frontiere diventarono impenetrabili. Se verso la fine degli anni ’70 la città presentava ancora l’aspetto delle città d’oasi dell’Asia Centrale, dalla metà degli anni ’80, si è modernizzata.Pomeriggio a disposizione per riposo e acclimatamento. Pensione completa in albergo. 
    Dedichiamo la giornata alla visita del capoluogo del Ladakh.  La città è dominata dal Leh Palace, una costruzione a nove piani del XVI secolo, residenza della famiglia reale  ai tempi del Re Sengee Namgyal. Ricorda un po’ nella sua forma il potala di Lhasa. Visita del Namgyal Tsemo Gompa, sempre del XVI secolo, che ospita la statua del Buddha Maytreja o buddha del futuro, alta 12 metri. Sulla sinistra del tempio troviamo il gonkhan, la cappella dei protettori con interessanti affreschi che ritraggono il Re Namgyal. Proseguimento con la visita dell’imponente stupa di Shanti, costruito da una comunità buddhista giapponese ed inaugurato nel 1983 dal Dalai Lama. La giornata termina con una bella passeggiata tra i bazar e i vicoli di Leh.Pranzo e cena in albergo. 
    I festival annuali nei monasteri sono fra i più grandi eventi culturali del Ladakh, un carnevale di colori, musica, tradizioni e danze.Ogni anno, festival importanti vengono celebrati nella maggior parte dei monasteri del Ladakh e attirano grandi folle. Il principale aspetto di questi eventi religiosi è il “chams”, ‘drammi danzati’ che si ispirano alla mitologia del Buddhismo Tibetano. Vengono eseguiti dai monaci che indossano per l’occasione elaborati costumi e a volte, maschere terrificanti che rappresentano le divinità adirate. Normalmente i festival durano due giorni e vengono celebrati durante tutto l’anno nella maggior parte dei monasteri del Paese.Il primo giorno del festival, i monaci in abiti cerimoniali, guidati dal lama superiore, invocano la principale divinità protettrice (yidam) del gompa, attraverso l’esecuzione di mantra e rituali, nel cortile del monastero. Vengono fatte delle offerte (libagioni) alla divinità e la cerimonia è chiamata Ser-kyem (libagione d’oro). Danze in maschera seguono le preghiere, con i lama vestiti di broccati colorati, che recitano dei drammi-danzati mistici, sempre nel cortile del monastero. Le danze sono accompagnate dalla musica tradizionale tibetana (utilizzando strumenti come i corni, i cimbali e i tamburi) e i movimenti sono lenti e molto eleganti. Il secondo giorno, dopo il termine delle danze, il festival raggiunge il suo apice nella cerimonia detta “Storma” quando una figura umana spaventosa fatta di pasta e rappresentante le forze malvagie, è pugnalata e smembrata utilizzando delle armi rituali e i pezzi sono gettati ai quattro punti cardinali o bruciati. Questo atto è chiamato Dao tulva che significa ‘uccisione del nemico’. Simboleggia, non solo la distruzione del diavolo, ma anche l’uccisione da parte di un monaco del re Langdarma (il re che cercò di eliminare il buddhismo e ripristinare la precedente religione Bon). Il gompa di Phyang si erge su un dirupo che guarda il villaggio omonimo. Il gompa risale al XVI secolo quando il missionario tibetano Chosje Danma Kunga (Guru Tragspa) fu invitato dall’allora re del Ladakh, Tashi Namgyal a fondare un monastero. Il missionario apparteneva all’ordine dei Dringung-pa, un sotto’ordine della setta Kagyupa e Phyang fu il primo gompa di quella scuola in Ladakh. Si dice che il Re Tashi Namgyal fosse molto legato a quel monastero, per un desiderio di espiazione a causa del terribile crimine che aveva commesso – aveva accecato ed esiliato il fratello più anziano – per ottenere il trono. Un altro racconto attribuisce il monastero al nipote di Tashi Namgyal, il Re Jamyang Namgyal. Oggi, circa 50-60 lama vi risiedono.Proseguimento per il Gompa di Samkar, a 3 km da Leh, residenza ufficiale del capo dei Lama del Ladakh. Il tempio principale ricorda quello di Spituk e vi si trova una statua di Vajrabhairava. All’interno, una cappella con le statue di Tsong Khapa e dei suoi discepoli principali. Nel portico si possono ammirare i Re delle quattro direzioni, una Ruota della Vita e il Vecchio uomo di lunga vita. I muri della galleria che si trova sotto il tempio mostrano illustrazioni della vita monastica. Un tempio, sotto il portico, contiene una copia di Kanjur e dei Buddha del passato, del presente e del futuro. Prima di rientrare in albergo a Leh, esploreremo la labirintica viabilità della città vecchia che si trova alle spalle della Jama Masjid, la moschea sunnita. Di recente la gente del posto ha cominciato a restaurare molte delle strutture più pregevoli ed è cominciata la costruzione dle nuovo Central Asian Museum. Non molto lontano da questo si erge un albero sacro che si narra essere stato piantato nel 1517 da un mistico sikh, mentre secondo un’altra versione, sarebbe invece nato magicamente da un bastone da passeggio lasciato qui da Staksang Raspa, il guru del grande re del Ladakh, Sengee Namgyal. Passeggiata nel polveroso quanto coloratissimo bazar. Pranzo a picnic, cena in albergo.
    Partenza per il passo di Kardung La, il passo transitabile più alto del mondo a 5602 metri sul livello del mare e a 56 km da Leh. All’arrivo sosta fotografica alle possenti e innevate vette himalayane che si stendono sotto di noi. Le bandiere di preghiera e un chorten segnano il passo. Vi si trova un presidio militare fisso che tra le altre cose, ha il compito di tenere pulita la strada dalla neve. Infatti a causa dell’importanza strategica della strada Nubra, l’esercito indiano si assicura che il passo sia aperto tutto l’anno. La strada fu costruita nel 1976 e aperto al traffico civile 12 anni dopo. Proseguimento per la Valle di Nubra. A nord di Leh, chiusa tra la catena montuosa di Leh e le montagne orientali del Karakorum si trova Nubra – due valli scenografiche solcate da due fiumi e la loro spettacolare confluenza. Una regione in parte verde, in parte rocciosa ed arida, come la maggior parte del Ladakh e in parte ‘deserto’. Infatti qui si trovano dune di sabbia e anche i cammelli, della varietà battriana. Le due valli sono, la valle di Nubra e quella di Shyok. Il fiume Nubra nasce nel ghiacciaio di Siachen e scorre verso sudest, verso una valle tra il Saltoro e il Saser Muztagh, delle sottocatene montuose delle montagne del Karakorum Orientale. Questo fiume incontra il Shyok nella vasta confluenza a forma di Y nel cuore della regione di Nubra; Shyok, uno dei maggiori tributari dell’Indo, nasce nella catena montuosa del Saser Muztagh, nei ghiacciai sul lato orientale. Scorrendo inizialmente verso sud, , fa un’inversione a U prima di deviare verso nord-ovest per incontrare il Nubra alla confluenza. Continua poi oltre la confluenza sempre nella stessa direzione fino a defluire nell’Indo in Baltistan, al confine tra India e Pakistan. Fu solamente nel 1993 che la Valle di Nubra fu aperta al turismo e ancora oggi sono necessari dei permessi speciali per andarci. Questa regione nel passato era attraversata dalle carovane che commerciavano, seta, tappeti, pashmina e cannabis da Yarkand (ora nella provincia cinese dello Xinjian), in cambio di spezie, stoffe, coloranti, tè e procedevano verso Leh attraverso il Kardung La e poi in Kashmir e Punjab. Il significato del commercio a Nubra può essere giudicato dal fatto che, nell’ultimo quarto del XVI secolo, la popolazione della regione inviò una petizione al re del tempo, Tsewang Namgyal che era un espansionista, chiedendogli di non portare avanti i suoi piani di conquista in Asia Centrale, perché il commercio ne avrebbe risentito. Alcuni decenni dopo tuttavia, furono gli invasori Mongoli dell’Asia Centrale a razziare Nubra e il Ladakh. Il re Tashi Namgyal riuscì infine a sconfiggere i mongoli e ad unire l’intero Ladakh e sotto di lui il commercio fiorì nuovamente. Ci fu poi uno stop nel commercio nel XVII secolo quando Sengee Namgyal, il grande re del Ladakh, impose un embargo al Kashmir nel 1639 per vendicarsi della sconfitta subita dai Moghul. Tale embargo fu tolto dal figlio e successore Deldan Namgyal e, nel 1820, quando gli esploratori inglesi William Moorcroft e George Trebeck visitarono il Ladakh, il commercio ricominciò a prosperare. Nubra è stata, per lungo tempo, fra le poche regioni del Ladakh in cui si facevano due raccolti. L’orzo è sempre stato il prodotto principale, oltre al foraggio alfa alfa, molto richiesto dalle carovane che attraversavano la regione. Anche le albicocche vi crescono abbondantemente, così come le mele. Pranzo a picnic, cena e pernottamento in albergo. 
    Visita al monastero di Diskit: si annuncia da lontano, con i suoi antichi edifici aggrappati alla montagna in un labirintico succedersi generato da secoli di lavoro e di devozione. Per la teologia e la formazione dei monaci, è tuttora il centro più importante della valle, famoso tra l’altro per la sua immagine del “Buddha della Medicina”. Il monastero di Diskit risale al XV secolo ed è ricco di storia. Situato 150 metri sopra il villaggio omonimo, su un crinale che lo sovrasta, il monastero si estende quasi verticalmente lungo una parete scoscesa e le costruzioni che lo compongono sono costruite una sopra l’altra. Una strada a zig zag conduce al monastero, passando vicino ad un’enorme statua del Buddha Maitreya. Dal monastero si gode una vista spettacolare sulla sottostante valle di Shyok. Il monastero appartiene all’ordine dei Gelung-Pa (Berretti Gialli), la scuola buddhista tibetana predominante e ricade nell’orbita del Gompa di Thikse. Fu fondato nel 1420 da Shesrab Zangpo, uno dei sei discepoli principali di Tsongkhapa, il riformatore tibetano che istituì l’ordine Gelung-Pa. Ci sono circa 80 monaci che risiedono nel monastero e nella sala principale sono conservate le statue di diverse divinità protettrici, alcune delle quali dall’aspetto terrifico. La vista della Valle di Nubra dai tetti dei monasteri è  una delle più belle del Ladakh, paese che certo non lesina gli spettacoli mozzafiato. Nel pomeriggio, visita del piacevole villaggio di Sumur (3.110 m), con case graziose e viali alberati. Il nome Sumur significa ‘tre fiumi’ e probabilmente si riferisce alla vicina confluenza dei fiumi Nubra e Shyok. Il villaggio è famoso per il Gompa di Samstangling, il più grande monastero di Nubra. A 45 minuti a piedi dal villaggio, ospita circa 100 lama. Fu fondato nel 1841 da Tsultim Nima, fondatore anche del monastero di Rizong e appartiene alla scuola Gelung-Pa. L’edificio principale ospita diversi templi: due sale d’assemblea, due piccole cappelle, un tempio dei Protettori ed una biblioteca.Pensione completa.  
    Partenza dalla Valle di Nubra e ritorno a Leh attraversando nuovamente  il passo Kardung La. Tempo libero a Leh, percorso permettendo.Pensione completa all’hotel The Zen Ladakh. 
    E’ una lunga giornata per raggiungere il lago Tso Moriri ma i paesaggi sono vari e affascinanti.Per questo tragitto di andata abbiamo deciso di effettuare la strada attraverso tre passi: Taglang-la (5.328m), Polo Kongka-la (4.900m) e Namshang-la (4.960m.) passando anche per il lago salato Tso Kar, purtroppo ormai quasi prosciugato. Dopo i controlli di polizia a Upshi (50 km da Leh), una strada panoramica mozzafiato ci porta a risalire le vallate dell’Himalaya fino al secondo passo più alto del mondo, il Tanglang La, l’ingresso della regione dei laghi. Di solito si incontrano alcuni nomadi Chang-pa con le loro mandrie di yak, pecore e capre pashmina e  a volte si vedono marmotte, oche bramine, gru dal collo nero e  branchi di kiang, asini selvatici. Picnic lungo il percorso a Thukje, sulle rive dello Tso Kar. La strada prosegue fino ad avvistare il lago Tso Moriri e il villaggio di Korzok. Il lago è lungo circa 27 km e ha un’ampiezza massima di 8 km. La sua profondità massima è di 40 m. Ad est e a nord del lago, in lontananza si possono ammirare due delle cime più alte del Ladakh, il Lungser kangri (6.666 m) e il Chamser Kangri (6.622 m). Le rive del lago, vicino a Korzok sono ricoperte di vegetazione. Nonostante la sua lontananza, Tso Moriri ha sempre attirato dei viaggiatori: i primi furono degli esploratori inglesi che giunsero qui nel 1820. Ancora oggi il lago rappresenta un luogo ideale per i birdwatchers ed è fra i pochi luoghi ove nidificano le oche indiane (anser indicus) e le gru dal collo nero. Nel villaggio si trova anche l’omonimo monastero fondato nel 1636 e che appartiene alla scuola dei Drukpa Kargyu. E’ stato restaurato e ingrandito di recente e dalla sua terrazza si gode un’ottima vista del lago. Una grande immagine di Buddha Sakyamuni domina l’altare del Gompa nella sala principale, mentre i suoi muri sono abbelliti con murali rappresentanti le divinità buddhiste tibetane.Pranzo a pic-nic.Cena e pernottamento in campo tendato a Korzok. Si tratta di un campo tendato fisso dotato di tende con due letti dotate di coperte e servizi essenziali (uno spazio diviso da una tenda, con minuscolo wc, lavandino, specchio). È consigliabile portarsi dall’Italia un sacco-lenzuolo (per i più freddolosi è consigliabile il sacco a pelo leggero). Consigliamo di portare tappi per le orecchie in quanto di notte si sentono i cani abbaiare.Al campo l’accoglienza è buona, forniscono la borsa dell’acqua calda per la notte e un secchio di acqua calda la mattina. Elettricità dalle 19.30 alle 23.00 (è consigliabile portare una torcia). Il cibo è vegetariano. 
    Trascorriamo la mattinata nella corte del monastero  di Korzok fra gli eventi del festival che attrae un gran numero di nomadi dell’altopiano. Il monastero, fondato nel 1636,  appartiene alla scuola dei Drukpa Kargyu. E’ stato restaurato e ingrandito di recente e dalla sua terrazza si gode un’ottima vista del lago. Una grande immagine di Buddha Sakyamuni domina l’altare del Gompa nella sala principale, mentre i suoi muri sono abbelliti con murali rappresentanti le divinità buddhiste tibetane. “Ma dove avremmo incontrato i nomadi? Nessuno sapeva dircelo di preciso. Avevo calcolato che dopo la festa al monastero di Korzok, i nomadi avrebbero ripreso i loro spostamenti e quindi il nostro cammino, in senso contrario al loro percorso, ci avrebbe permesso di incrociarli fra lo Tso Moriri e il lago Bianco. E così è avvenuto e l’incontro ha superato l’aspettativa” (Marco Vasta, “Ladakh: paese degli alti valichi”, p266. www.marcovasta.net) Al pomeriggio sarà possibile fare magnifiche passeggiate lungo la sponda del lago nel  tipico ambiente dove vive il Kyang, il cavallo selvaggio  che condivide le pasture con gli yak dei nomadi.Pasti e pernottamento in campo tendato (tende con letti). 
     Dopo colazione, rientro a Leh ripercorrendo la strada fino alla biforcazione, poco prima di Puga Sumdo, scendendo fino al Mahe Bridge e ritornando sulla destra orografica dell’Indo. La strada corre lungo un paesaggio spettacolare, passiamo per i villaggi di Nyoma (4.000m), circondato da campi coltivati, Mahé (4.170m) e Kiari. Possibili incontri con i nomadi Khampa che pascolano greggi di yak e capre in eterno equilibrio con questa natura selvaggia.Tempi di percorrenza permettendo sosta a Shey, a 15 km a sud di Leh, un tempo castello dei primi sovrani del Ladakh e prima capitale del Ladakh fino al XV secolo. Le vestigia del vecchio castello e della città dominano il villaggio e il palazzo dei primi re del Ladakh. I sovrani diedero prova di un’insaziabile attività di costruttori, come testimoniano i numerosi chorten e templi in rovina che la famiglia reale non ha più i mezzi per mantenere. Nella cinta del vecchio palazzo si trovano due templi. Il tempio inferiore ospita delle pitture molto belle. In fondo a sinistra, si trova un mandala di Cakrasamvara, a destra un mandala di Vajradhara e tra i due, il grande maestro Taktsangrepa. Gli altri muri sono ricoperti di affreschi rappresentanti i mille Buddha. Il tempio superiore ospita una grande statua di Buddha probabilmente eretta dal re Deldan Namgyal nel XVII secolo. Oggi ne restano solo poche rovine oltre al gompa, il piccolo monastero buddhista del XVII secolo posto a dominare la valle in un punto particolarmente impressionante.Pranzo a picnic durante il percorso. Cena e pernottamento in albergo a Leh. 
    Trasferimento ad Uleytokpo con sosta fotografica alla confluenza tra il fiume Indo e il fiume Zanskar. Visita in mattinata del monastero di Likir, appartenente alla setta Gelung-Pa e primo monastero reale in Ladakh durante l’influenza tibetana.Situato lungo l’antica rotta carovaniera da Basgo al ponte di Khalse, il monastero fu costruito, secondo la leggenda, in un luogo circondato dai due grandi re naga, Nando e Tagsako, da cui il nome Lukyil che significa “cerchio degli spiriti delle acque”. Lhachen Gyalpo, quinto re del Ladakh, offrì questo terreno la lama Drupwang Choedgen per edificarvi un monastero nel 1065. Nel XV secolo, Likir aderì all’ordine Gelung-pa. Il tempio principale contiene degli stupa, delle statue di Cakyamuni, Maitreya e Tsong Khapa, fondatore dell’ordine Gelung-pa. In un altro tempio, più piccolo, i trentacinque Buddha della confessione e i sedici arhat (santi) sono rappresentati in modo particolare. Il tempio di Gonkhang ospita un’imponente divinità tutelare rivestita di un’armatura in oro, mentre la vecchia camera dell’abate contiene una magnifica collezione di thanka. Circa un centinaio di monaci risiedono nel monastero che è noto per la sua disciplina rigorosa. Il superiore è un fratello del Dalai Lama. Nel pomeriggio visita del complesso monastico di Alchi, protetto dall’UNESCO. Situato sulla riva sinistra del fiume Indo, Alchi è uno dei pochi monasteri dell’XI e XII° secolo esistenti in Ladakh. I restauri intrapresi nel XVI secolo, non sembrano averne alterato la forma originaria. Le sue pitture mostrano la tradizione, ancora viva all’epoca, degli artisti kashmiri. Infatti, verso la fine del X secolo, il re Yeshe Oe del Guge inviò ventun giovani nobili a studiare i precetti del Buddhismo in Cachemire. Dopo sette anni, solo due sopravvissero e ritornarono nel loro paese. Uno dei due, il celebre Rinchen Sangpo, fu il motore di una vera rinascita del buddhismo grazie alle sue innumerevoli traduzioni dei testi sanscriti che gli valsero il titolo di “Grande Traduttore”. Egli si distinse anche per la sua attività di costruttore e a tale scopo si circondò di trentadue artisti kashmiri. E’ ad uno dei suoi discepoli che si deve la costruzione di Alchi e secondo la tradizione, il venerabile salice mezzo secco che si trova all’entrata del choskhor (enclave religiosa) proviene proprio dal bastone del Traduttore. Nel XV secolo, in Ladakh fu introdotto l’ordine Gelung-pa e assorbì i monasteri di tradizione Kadampa ad eccezione di Alchi che venne dimenticato, anche dai restauratori. Da cento anni, i monaci di Likir si occupano del suo mantenimento. Il complesso di Alchi è composto di diversi edifici che contengono diverse pitture murali. Questi sono: il Sum-tseg, a tre piani; il Dusk-Hang o sale delle riunioni; il Lotsawa Lhakhang o Tempio del Traduttore; il Jampal Lhakahang o Tempio di Manjusri e il Lhakhang Soma o Tempio Nuovo. Il tempio di Sum-tseg è formato da tre piani le cui pareti sono interamente ricoperte di pitture. Al centro dell’edificio si trova un chorten. Sui lati ci sono tre grandi nicchie che contengono statue dei bodhisattva (Maitreya, Availokitesvara e Manjusri). All’esterno del tempio un bel porticato in legno intagliato in autentico stile indiano. Il tempio successivo è quello di Duskhang, dedicato a Vairocana la cui rappresentazione occupa la nicchia centrale. Tutti i mandala del tempio sono collegati al ciclo di Vairocana. Nel Lotsawa Lhakhang, sulla parte centrale si trova il Buddha Sakyamuni con il traduttore Rinchen Sangpo a sinistra e Availokitesvara con le quattro mani a destra. Nel Jampal Lhakhang si trovano quattro rappresentazioni di Manjusri in quattro colori diversi. Le pitture murali del Lhakhang Soma risalgono probabilmente al XIV secolo e sono più recenti rispetto a quelle degli altri templi di Alchi. Sono molto ricche sul piano iconografico. Il complesso di Alchi è sicuramente uno dei più spettacolari esempi di arte religiosa. Le visite proseguono con il monastero di Rizong.Ubicato in un sito fantastico, Rizong è uno degli ultimi monasteri costruiti in Ladakh. La sua storia è conosciuta con precisione. Tsultim Nima, il suo fondatore nacque nel villaggio di Saspol nel 1790. Per rispettare gli ordini del padre, visse molto attivamente nel mondo secolare prima d’impegnarsi nella vita religiosa. Dopo aver abbandonato il villaggio e la famiglia si recò a Tholing dove fu ordinato monaco. Dopo qualche tempo, si recò in pellegrinaggio sulle rive del lago Manasarovar, dove scelse una grotta delle montagne circostanti e vi si raccolse in meditazione, vivendo unicamente di tsampa e acqua dei ghiacciai. Un giorno, un fumo molto denso cominciò a salire dalle sponde del lago ed egli scese dal suo eremo per prendere dell’acqua calda. Fu estremamente sorpreso di scoprire sua sorella Garmo tra i pellegrini giunti al lago la quale lo pregò di ritornare al suo villaggio per fondare una comunità monastica, accusandolo di egoismo per il suo voler restare solo in meditazione. Poiché egli non voleva sentire ragione, elle richiese l’arbitraggio dell’abate di Tholing che diede ragione alla sorella. Ritornato in Ladakh si ritirò nell’eremitaggio di Dzonglung dove fu prestò raggiunto da molti altri monaci e pellegrini, da fargli decidere di trasformare l’eremitaggio in un monastero e per fare ciò scelse il sito di Rizong. Verso la fine della sua vita, ormai divenuto famoso, fondò il monastero di Samtan Ling nella valle di Nubra.Pasti e pernottamento in resort.  
    Circondato da un suggestivo paesaggio di calanchi color giallo ocra e montagne sullo sfondo, il tranquillo villaggio di Lamayuru è uno dei più spettacolari del Ladakh. Le case del villaggio sono raccolte attorno alla cima di una collina erosa dagli agenti atmosferici e circondata di grotte sormontata dal Yungdrung Gompa. Secondo la leggenda, un tempo un grande lago occupava il fondo della valle. Un discepolo di Ananda (fedele compagno di Buddha), il santo Madhyamika profetizzò che sarebbe sorto un monastero. Gettando dei grani d’orzo in offerta agli spiriti naga, creò una breccia nella montagna, dove si gettarono le acque del lago. In questo modo donò agli uomini delle terre coltivabili. L’orzo crescendo prese la forma di svastica. A Rinchen Sangpo, si attribuisce la costruzione di 108 (numero sacro) monasteri nel paese, tra cui Lamayuru che comprendeva cinque edifici: uno di questi, il Sengesang, sarebbe all’origine dell’attuale monastero, mentre delle altre quattro costruzioni non è rimasto più nulla. Da allora e per seicento anni, Lamayury appartenne all’ordine Kadampa. Tuttavia, alla fine del XVI secolo, il re Jamyan Namgyal si ammalò di lebbra incurabile, per effetto della vendetta di uno spirito naga ferito durante la costruzione di un canale d’irrigazione vicino ad Hemis. Seguendo una profezia, il re fece chiamare un lama dell’ordine Digungpa che meditava in una grotta del Monte Kailash; il re guarì e in riconoscenza offrì al monaco il monastero di Lamayuru, al quale accordò molti privilegi, soprattutto quello di diventare “un’area di liberazione” dove i criminali godevano di un’impunità totale. Nel tempio principale, si nota una cavità – chiamata grotta di Naropa – che contiene le statue in argilla di Naropa, Marpa e Milarepa, tre dei principali maestri della tradizione Kaguypa.Il tempio di Sengesang, il più antico, ospita un ammirevole stucco di Vairocana seduto su un trono di leoni e sormontato da un baldacchino ornato da un garuda e da makaras (mostri marini). Ritorno a Leh.Pranzo in ristorante e cena in albergo.  
    Di primo mattino trasferimento in aeroporto e partenza con volo di linea per Delhi. Trasferimento in Hotel, dove avremo le camere d’appoggio a partire dalle ore 12.00 e fino alla partenza per l’aeroporto. Il pomeriggio è dedicato ad una visita orientativa della capitale indiana, adagiata sulle rive del fiume Yamuna. Delhi non è sempre stata la capitale dell’India, ma ha sempre svolto un ruolo fondamentale nella storia del subcontinente: sorgeva infatti nella pianura circostante un guado sul fiume Yamuna e lungo la strada di collegamento tra l’Asia centrale e il Sud-est asiatico. Si ritiene che qui sorgesse Indraprastha, la mitica città citata nell’epopea del Mahabharata più di 3000 anni fa, anche se le testimonianze storiche indicano che la zona è abitata da soli 2500 anni. In questo luogo sono state fondate almeno otto città diverse. Le prime quattro città di Delhi sorsero tutte nella parte meridionale, intorno all’area dove si trova tuttora il Qutub Minar. La quinta Delhi, Firozabad, sorgeva a firoz Shah Kotla nell’attuale New Delhi, mentre l’imperatore Sher Shah fondò la sesta a Purana Qila, sempre a New Delhi. L’imperatore moghul Shah Jahan costruì la settima Delhi nel XVII secolo; i confini della sua Shahjahanabad corrispondevano approssimativamente all’attuale New Delhi. Nel 1911 il governo britannico anunciò l’intenzione di trasferire la capitale da Kolkata (Calcutta) e procedette alla costruzione di New Delhi che fu inaugurata ufficialmente nel 1931. Visiteremo il complesso archeologico del Qutub Minar, con il magnifico minareto del XII secolo, affascinante esempio dell’incontro fra l’architettura araba e l’arte indiana. Gli splendidi edifici religiosi del complesso risalgono al primo periodo della dominazione islamica in India e sono uno dei siti più interessanti di Delhi. Oggi sorgono alla periferia della città, ma in passato queste costruzioni costituivano il cuore della città musulmana. Il Qutub Minar è un imponente torre della vittoria, simile ad analoghe costruzioni afghane, utilizzata anche come minareto. La sua costruzione fu iniziata nel 1193 dal sultano musulmano Qutb-ud-din, subito dopo la sconfitta dell’ultimo regno hindu di Delhi. È alta quasi 73 m e il diametro va progressivamente diminuendo dai 15 m della base ai 2,5 m della cima. La torre ha cinque piani distinti, ciascuno segnato da un balcone aggettante. I primi tre piani sono in arenaria rossa, mentre il quarto e il quinto sono in marmo e arenaria. Il sultano portò a termine soltanto il primo piano e furono i suoi successori a completare l’edificio. Ai piedi del minareto sorge la prima moschea costruita in India, nota come Moschea della Potenza dell’Islam. Anche questo edificio fu costruito nel 1193, sebbene poi nel corso dei secoli abbia subito diverse aggiunte e ampliamenti. La moschea originaria fu eretta sulle fondamenta di un tempio hindu e un’iscrizione sulla porta orientale afferma che fu costruita con materiali ottenuti dalla demolizione di ’27 templi idolatri’. Molti elementi della moschea richiamano infatti le origini hindu e jainiste. Nel cortile della moschea si trova la cosiddetta ‘Colonna di ferro’, nel luogo già molto tempo prima della moschea. Un’iscrizione di sei righe in sanscrito indica che fu dapprima eretta presso un tempio dedicato a Vishnu, forse nel Bihar, in memoria di Cahndragupta II che governò dal 375 al 413. Quel che l’iscrizione non dice è come fu realizzata la colonna: il suo ferro è di una purezza eccezionale e gli scienziati non hanno mai scoperto come sia stato possibile fondere il metallo, che in quasi 2000 anni non si è arrugginito, con la tecnologia dell’epoca. Passeremo anche vicino all’Indian Gate, il monumento nazionale dell’India, disegnato da Sir Edwin Lutyens e che commemora i 70.000 soldati indiani che hanno perso la vita combattendo con l’Inghilterra durante la Prima Guerra Mondiale.  Attraversando la zona dei Palazzi ministeriali rientreremo in albergo. Pranzo in ristorante. Cena in albergo.  In serata trasferimento all’aeroporto.
    Volo di linea notturno per Milano via scalo intermedio. Arrivo in mattinata.    1. Lamayuru  2. Lago Tso Moriri  3. Le verdi vallate del Ladakh    

    Perché con noi

    • Il viaggio si svolge in occasione del Festival di Korzok, presso il lago Tso Moriri, e quello di Phyang, a 25 km da Leh
    • Il viaggio prevede anche la visita della zona spettacolare del lago Tso Moriri, sulle cui sponde si dorme in campi tendati
    • Utilizzo di comodi fuoristrada con soli tre passeggeri a bordo, posto vicino al finestrino e più spazio per il proprio bagaglio personale.
    • A Leh uno dei migliori hotel 4 stelle, sempre lo stesso per tutti i pernottamenti evitando di doversi portare avanti e indietro tutto il bagagli

    I nostri esperti

    PAOLA POGGIALI

    Dal 13  luglio  2023 al 26  luglio  2023

    Approfondimenti di viaggio

    Le date dei festival possono subire modifiche. Da quest'anno è possibile richiedere la sistemazione a Leh in camere Royal Suite della nuova ala dell'Hotel The Zen Ladakh dietro pagamento del relativo supplemento. Scegliendo questo tipo di sistemazione anche i pasti previsti in hotel saranno nella nuova ala, quindi, non verranno consumati insieme al resto del gruppo e all'accompagnatore. Normalmente il gruppo viene sistemato nella vecchia ala in Premier Room, che riteniamo comunque una [...]