Dopo la prima colazione si continua la navigazione sul Rio Pasimoni fino a raggiungere un insediamento Yanomami. Nascosto nella foresta. Giornate dedicate alla conoscenza e alla condivisione degli usi e costumi della comunità Yanomami: si partecipa alla vita comune, alla raccolta dei frutti e delle piante medicinali, alla pesca, alle cerimonie sciamaniche… un’esperienza unica e irripetibile. Queste attività richiedono camminate nella foresta della durata di circa 2/3 ore (non sono previsti dislivelli impegnativi ma i sentieri sono fangosi e scivolosi). Pasti e pernottamenti in tenda/amaca all’interno dello shabono, la casa comune, in un apposito spazio riservato al nostro gruppo. Bagni tonificanti nelle acque del fiume. Gli Yanomami vivevano tradizionalmente in villaggi composti mediamente da un minimo di 40 a un massimo di 300 persone. Tutti i residenti occupavano l'unica grande dimora ovale chiamata "shabono" a centro aperto. La cultura edilizia dello Shabono ha subito una trasformazione significativa negli anni '90 quando gli Yanomami hanno interrotto massicciamente la costruzione di shabono e hanno iniziato a stabilirsi in capanne tradizionali separate costruite intorno alla piazza del paese, imitando così il concetto di shabono. Gli Yanomami che visitiamo vivono in uno Shabono composto da circa 15-20 famiglie, tra cui bambini, anziani e alcuni sciamani. Il nostro accampamento sarà sistemato proprio nello shabono. Pasti inclusi: colazione, pranzo, cenaSistemazione inclusa: shabono (dimora tradizionale Yanomami) in tende o amache Gli Yanomami sono una delle popolazioni indigene più numerose dell’Amazzonia (circa 30.000 individui) e il loro territorio si estende tra i bacini dei fiumi Orinoco e Rio delle Amazzoni al confine tra Venezuela e Brasile. Nonostante il loro numero gli Yanomami rimasero relativamente indisturbati fino al 1940, quando il governo brasiliano decise di delimitare la frontiera con il Venezuela. Negli anni 80 arrivarono 40.000 cercatori d’oro che, senza alcun rispetto per la natura e per gli indios, devastarono le foreste e inquinarono i fiumi a causa dell’utilizzo del mercurio per separare l’oro dalla sabbia. Conseguentemente sorsero tensioni tra “garimperos” (cercatori d’oro) e indios, che sfociarono in violenze e soprusi con stragi di nativi. In sette anni il 20% degli indios morì. I danni maggiori li fecero però le malattie, perché questi popoli isolati non avevano anticorpi per combattere le nostre comuni infezioni. Quindi gli indios furono sterminati, più che dai fucili dei “nuovi conquistadores” e dagli avventurieri cercatori di fortuna, dal morbillo, dall’influenza e dalle malattie veneree. Sotto la pressione dell’opinione pubblica mondiale sia il governo venezuelano che quello brasiliano furono costretti a mettere un argine a queste invasioni. Nel 1991 il governo venezuelano dichiarò ufficialmente riserva indigena speciale la sua porzione di territorio yanomami (Riserva di Biosfera Casiquiare - Alto Orinoco, vasta circa 8,2 milioni di ettari) nella quale non è possibile accedere se non con permessi speciali. Gli Yanomami sono esili e hanno tratti tipicamente amerindi. Il fulcro di tutte le comunità è lo shabono, la casa comune, un grande edificio di legno e paglia a pianta rotonda/ovale in cui ogni famiglia ha un proprio spazio, affacciato su una zona aperta centrale usata per danze e cerimonie comunitarie. Tutte le famiglie organizzano il proprio spazio appendendo amache intorno a un fuoco che brucia perennemente e costituisce il nucleo della vita familiare. La dieta tradizionale comprende carne di scimmia, tapiro, cinghiale, caimano, tartarughe terrestri e d’acqua e una serie di insetti, oltre a frutta selvatica, patate dolci, banane e manioca. Gli Yanomami hanno cerimonie e rituali elaborati e attribuiscono grande importanza alle alleanze fra tribù, soprattutto per ridurre il rischio di faide. Quando i terreni coltivabili e le zone di caccia sono state sfruttate al massimo, lo shabono viene smantellato e la comunità si trasferisce in altro luogo. Le malattie vengono curate con danze e rituali sciamanici, imposizione delle mani ed erbe di vario tipo, tra cui lo yapo, una polvere erbacea con effetti allucinogeni. Quando un membro della tribù muore, il corpo viene appeso a un albero, fino a quando non si secca, e poi bruciato; le ceneri vengono sciolte in una bevanda, ottenuta dal frutto del platano pestato e allungato con acqua, e ingerite dagli amici e dai parenti del defunto per incorporarne e preservarne lo spirito (endocannibalismo). L’antropologo Napoleon Chagnon visse con gli Yanomami per lunghi periodi nell’arco di tre decenni e nel suo best seller “The Fierce People” li descrisse come un popolo aggressivo che viveva in uno stato di guerra perenne. All’epoca della pubblicazione, nel 1968, il libro ricevette grandi elogi, ma nel corso degli anni i metodi e le scoperte di Chagnon sono stati messi in discussione; lo studioso è stato accusato di aver consapevolmente aggravato un’epidemia di morbillo e di aver esagerato notevolmente il livello di violenza nella comunità. La controversia ha portato alla ribalta i dilemmi etici relativi allo studio dei gruppi nativi isolati e, soprattutto, ha rimarcato quanto sottolineare le sfumature sia più utile che formulare giudizi netti, spesso eurocentrici.